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Homepage arrow Neurosviluppo arrow Intervista di Steve Edelson a Melvin Kaplan sulla riabilitazione visiva
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Melvin Kaplan, O. D. di Tarrytown, New York, è uno dei pioneri nel campo della riabilitazione visuale. Il dr.Kaplan ha insegnato ampiamente la riabilitazione visiva ed è stato citato in due libri:
“Rickie” e “Dancing in the Rain”. Il Dr. Kaplan è direttore del Centro di Riabilitazione Visiva (150 White Plains Road, Suite 410, Tarrytown, New York, 10591; Fax: 914-631-1004). Il Dr. Stephen M. Edelson (SE) ha intervistato Dr. Kaplan (MK) nel settembre del 1996.

E:Iniziamo con una domanda generica: cosa si intende per riabilitazione visiva?

K: la terapia consiste in un programma individualizzato che misura, osserva, ed è progettato per sviluppare, migliorare,correggere e favorire le performance visive. L’obiettivo è raggiungere il livello di performance che agisce sul comportamento e influenza il come una persona agisce in ambito accademico, sociale e professionale.

E:ha mai visto qualcosa di diverso o particolare nella visione dei bambini con autismo rispetto alla visione riscontrata in altri tipi di disabilitĂ ?

K: Non guardo alle persone con diverse disabilità come diverse. Piuttosto le vedo come persone con livelli diversi di performance visiva. Provate ad immaginare le performance visuali inserite in un grafico con una curva a campana in cui la performance ottimale è posta nel punto più alto della curva. Da un lato, al punto più basso stanno le persone con problemi di “compressione visiva”; al lato opposto le persone che convivono con problemi che hanno a che fare con la “disparità visiva”. Si stabilisce quindi per ogni persona, quanto essa sia lontana dal punto ottimale, a quale livello è la persona.
Non c’è quindi la necessità di assegnare etichette, come autismo, disabilità di apprendimento o dislessia: non voglio rimanere impiccato alle etichette solo perché se si ha un’etichetta si ha la certezza di venire trattati un determinato modo. E’ stato detto “le etichette sono adatte ai barattoli non all’uomo”.

Questa frase è una citazione di un ottimo articolo :” le etichette sono per i barattoli, non per i bambini”.
Il problema non è etichettare, ma stabilire il livello di performance. Quando noi osserviamo il livello di performance delle persone con autismo, possiamo, con l’utilizzo di lenti e di terapie idonee, aumentare i livelli di performance? Qual è la differenza tra autismo e problemi emotivi o di apprendimento?
La differenza sta nella presenza di un livello più basso di performance rispetto all’elaborazione delle informazioni con una maggiore disfunzione per quanto riguarda organizzazione e orientamento.

E: può dirci perché secondo lei i bambini con autismo sembrano molto condizionati dalla visione periferica?

K: creso sia una compensazione. Girando la testa e guardando lateralmente essi raggiungono una visione monoculare di ciò che li circonda. Utilizzando questa modalità di visione periferica essi riescono a riallineare il loro sistema visivo e focale. Probabilmente questo è un espediente per evitare gli effetti del disequilibrio nel sistema visivo che dovrebbe coordinare la visione destra e sinistra e che , appunto , in questi bambini non è coordinato. Studi in questo senso indicano che i bambini con autismo soffrono dal 21 al 50% in più dei bambini normali di strabismo.

E: ho incontrato una volta una persona che utilizzava solo e soltanto la visione periferica. Gli ho chiesto perché non guardare le persone direttamente, e lui mi disse che era come guardare attraverso una bolla di gelatina.

K: penso che questa persona possa avere difficoltà a pensare e fare attenzione allo stesso tempo. Questo è il caso in cui c’è rivalità tra due sistemi visivi: compétono , non sono sincronizzati. Questo succede quando una persona ha difficoltà a gestire molte informazioni: ad esempio può vedere la singola lettera ma non l’intera parola. Se questa persona utilizza solo una porzione del suo sistema visivo, ha bisogno di molto tempo per elaborare l’informazione , quindi per lei diventa difficile prestare attenzione mentre pensa. Di fatto, praticamente in tutte queste persone, SE LE OSSERVATE MENTRE PENSANO DI SOLITO GLI OCCHI SI SPOSTANO IN ALTO A SINISTRA. Quando le persone hanno una disabilità, e questo succede in individui anche non-autistici, non riescono a guardarvi mentre pensano; oppure non possono guardarvi mentre parlano perché sarebbero incapaci di mantenere la conversazione. In altre parole, non riescano ad elaborare informazioni uditive e visive simultaneamente.

E: Può commentarci il concetto : “la visione è un comportamento appreso”?

K: la visione focale, che implica identificazione, non è appresa. C’è una gran quantità di letteratura a riguardo che ci dice che le persone cieche, che riacquistano la vista, ad esempio grazie al trapianto di cornea, sono capaci di identificare le lettere grazie alla loro esperienza precedente. Al contrario, tutto quanto riguarda l’ambiente è appreso. Queste persone, possono avere molta difficoltà con la profondità, con l’organizzazione dello spazio, con l’orientamento .
La letteratura a riguardo ci dice che la visione focale, che implica l’identificazione, può essere appresa attraverso altri sistemi sensoriali, invece l’ambiente necessita di esperienza. Ci sono persone che hanno riacquistato la vista dopo un lungo periodo di perdita di vista: sono in grado di identificare gli oggetti, ma non riescono ad affrontare l’organizzazione spaziale degli oggetti.

E: secondo lei, chi potrebbe essere un buon candidato per la riabilitazione visiva?
Se penso alle conversazioni che abbiamo avuto in passato, potrebbero essere persone che hanno comportamenti auto-stimolatori, che hanno problemi di coordinazione, quelle che camminano sulle punte, che non riescono a toccare le cose, e/o hanno problemi di contatto visivo.Sembra che molti di questi problemi possano essere spiegati con l’impropria percezione della profondità…

K:Tu parli di problemi “in uscita”, ma io guardo a questi problemi come problemi ricettivi “in entrata”. L’80% delle informazioni che riceviamo ci arriva dal sistema sensoriale visivo. Quando non riusciamo ad ottenere informazioni visive dall’ambiente a causa di problemi di ricezione, allora iniziano cambiamenti nelle performance e nel comportamento.
Di questi bambini quindi, si può dire che spendono talmente tanta energia tentando di raccogliere informazioni che non hanno praticamente tempo per parlare.

Lasciami rispondere alla domanda su chi possa essere un buon candidato per la riabilitazione visiva.
Durante la valutazione non-verbale, se l’individuo può dimostrare consapevolezza dei suoi livelli di performance, e dimostra che le lenti possono dare un cambiamento positivo allora sia il paziente che l’esaminatore sono molto motivati per raggiungere con successo l’obiettivo.
Questo significa che attraverso la lente e la riabilitazione , si possono ridurre i sintomi caratteristici dell’autismo.

E: lei crede ci sia una relazione tra livello di attivitĂ  e sistema visivo?

K: penso che ci sono molti casi che hanno a che fare con l’elaborazione visiva. Individui iperattivi non riescono a localizzare le cose con il loro sistema visivo , quindi compensano con il sistema motorio. Come risultato, devono sempre muoversi intorno alle cose perché il loro mondo è bi-dimensionale non tri-dimensionale. Le cose a loro appaiono piatte, Non riescono a “sentirle”. Questo li porta ad essere sempre in movimento ..quando entrano in una nuova stanza hanno bisogno di sapere dove realmente è la porta, dove sono le luci….quello che fanno è fare esperienza, in pratica stanno in una stanza senza dover pensare su quella stanza. E qusto è quello che fanno gli autistici in situazioni nuove.

E:Cosa mi dice allora di quegli individui che invece si comportano esattamente all’opposto? Quelli che sono ipoattivi?

K: i bambini ipoattivi semplicemente non prestano attenzione. Loro passano oltre…Non c’è differenza con il bambino che dice:”io lascio perdere, non ho intenzione di leggere..”e se chiedete loro qualcosa non vi dicono nulla e quindi li lasciate da soli. Non vogliono giocare, sono spettatori non giocatori.

E:lei pensa che sia lo stesso che imparare ad essere indifeso, quando cioè una persona impara ad essere dipendente e semplicemente quindi rinuncia?

K: si, rinunciano, hanno altre persone che fanno le cose per loro

E:la riabilitazione visiva ha effetto sul comportamento auto-stimolatorio, sulle stereotipie?

K: i comportamenti auto stimolatori ci sembrano sempre comportamenti INAPPROPRIATI: ma per il bambino sono APPROPRIATI e NECESSARI. Quello che fanno è cercare una strategia per poter interagire col mondo. Se un bambino sfarfalla le mani, lo fa per sapere dove il suo corpo è localizzato. Devo dire che questo viene fatto anche da persone non autistiche.. Ad esempio, alcune persone tirano fuori la lingua mentre tagliano il pane, e questo è un comportamente auto-stimolatorio che non è considerato inappropriato.

E: la riabilitazione visiva aiuta persone con problemi di strabismo e di mancanza di coordinazione tra i due occhi?

K: circa il 3-4% della popolazione normale soffre di strabismo; basandoci sui nostri recenti studi, dal 21 al 50% della popolazione autistica soffre di strabismo. Allora la domanda è :” Perché c’è una così alta percentuale di autistici strabici”?

La risposta a questa domanda coinvolge il “ambient system” e una perdita di coordinazione tra i due occhi. Questo porta a ;: ambliopia,strabismo, oppure all’uso di un occhio per guardare vicino e un occhio per guardare lontano. Sono tutti adattamenti naturali per guardare il mondo in maniera “monoculare” e permettere quindi un interazione con esso in modo più semplice.

E:alcuni sono ricorsi alla chirurgia per correeggere lo srabismo. Questo non sembra essere un metodo sano per riallineare gli occhi per dare loro una visione che migliori l’apprendimento

K: la chirurgia è un metodo strutturale per correggere lo strabismo. Si dice in letteratura che è “UNA CURA COSMETICA PER LO STRABISMO” ma non è funzionale. Dipende da cosa si vuole ottenere. Alcune persone ricorrono all cura “cosmetica” perché comunque funzionano abbastanza bene. Tuttavia, con la sola cura cosmetica gli occhi non lavorano comunque assieme per creare una percezione della profondità. La profondità può essere percepita con la visione monoculare, ma non è efficace come quella bioculare.
Sfortunatamente il classico approccio allo strabismo è la chirurgia. Nel mio approccio tuttavia, il problema non è la struttura di un occhio, ma la sua performance. Riporto il caso di un bambino autistico di 5 anni, maschio, il cui padre gli diagnosticò “esotropia” a due anni, inoltra bagnava il letto. La condizione quando lo vidi io a 5 anni era di esotropia alternata con qualche cambiamento delle performance. Dopo una valutazione NON-VERBALE, gli furono somministrate “lenti ambientali”. Dopo una sola settimana di uso delle lenti, smise di bagnare il letto, cominciò ad interessarsi agli oggetti sopra la sua testa (prima guardava solo in basso) e iniziò a camminare con più facilità. Due mesi dopo i suoi occhi erano allineati.

E: un altro problema che riguarda i bambini con autismo e che a volte coinvolge la chirurgia è il camminare sulle punte....dalla mia esperienza, lavorando con te, sembra che per molti, il camminare sulle punte dipenda semplicemente da una disfunzione visiva.

K: niente è semplice: ci sono molti cambiamenti posturali a seguito di riabilitazione visiva. I soggetti con autismo possono presentare problemi di orientamento, e quindi non riescono a staccarsi dal suolo: come risultato camminano sulle punte oppure camminano buttando il piede all’interno. Se cambiamo il loro modo di percepire, non dovranno spendere così tanta energia per gestire la visione e potranno iniziare a prestare attenzione a se stessi. Quando si riesce, il camminare sulle punte scompare, e appoggiano l’intero piede a terra.

Il dr.Richard Herman, chirurgo ortopedico, ha scritto che la scoliosis idiopatica è probabilmente dovuta a problem di vision. Nella mia esperienza posso dire che i cambiamenti posturali possono essere ottenuti dalla riabilitazione visiva. Ad esempio camminare sulle punte è un problema di percezione, è cioè la mancanza di percezione di se stessi e dello spazio contemporaneamente. L’atto del camminare è una sequenza di “atterraggi” sui calcagni e di spinta con la punta del piede. Quando il sistema visivo è disfunzionale, il soggetto tende a trattenere la punta del piede per più tempo prima di poggiare sul suolo: e questo dà la caratteristica camminata. Ho visto un riassestamento sia negli autistici sia in soggetti etichettati con “deficit visivi”.

E: quali sono i comportamenti che possono aiutare un genitore a supporre che una riabilitazione visiva sarebbe di aiuto al proprio figlio?

K:uno dei comportamente è mancanza di contatto oculare. Questo è un dato chiave. Un altro dato chiave è il cambiamento posturale quando girano la testa da un lato. Un altro comportamento da osservare è se il bambino cammina sulla punta dei piedi o se il bambino corre senza scopo. Gli obiettivi della riabilitazione sono migliorare i livelli di performance e ridurre in numero dei sintomi. Quando il numero dei sintomi scompare, la diagnosi cade.
L’autismo è un disordine basato su una serie di sintomi che presentanoin maniera più o meno chiara una caratterizazione “visiva”. Molti professionisti che operano con bambini autistici riscontrano povera attenzione visiva, visione laterale, mancanza di contatto oculare.
Dal mio punto di vista ci sono altre caratteristiche che hanno a che fare con la visione che di solito non sono citate. Ad esempio dondolare da una parte all’altra indica problemi di orientamento e difficoltà a mantenere l’attenzione. Dondolare avanti e indietroè sintomo collegato alla percezione della profondità così come sfarfallare le dita davanti agli occhi.Il mio consiglio ai genitori è trovare un esperto di visione che abbia però anche esperienza con l’autismo. Questo aiuta a stabilire se c’è bisogno o meno di riabilitazione visiva.

E: ci puoi descrivere come valuti un paziente?

K: di solito, noi facciamo due differenti valutazioni. Facciamo una osservazione convenzionale e guardiamo se ci sono problemi rifrattivi agli occhi, per stabilire se una persona è miope o presbite. In poche parole come identificano le cose: tuttavia avere 20/20 non significa non avere problemi.
Una valutazione visiva i un paziente autistico necessita dell’utilizzo di occhiali da vista per vedere se l’individuo ha bisogno di lenti che lo aiutino ad identificare gli oggetti nell’ambiente. Tenendo conto che valutare le difficoltà di un individuo con autismo è difficoltoso perché non c’è risposta verbale, ho progettato un test di valutazione non-verbale proprio per vedere se le lenti che utilizzo provoca un cambiamento nelle performance visive. Ti ho informato di un recente sudio scritto che ho pubblicato : "Postural Orientation Modifications in Autism in Response to Ambient Lenses" (modificazioni dell’orientamento posturale nell’autismo come risposta all’utilizzo di lenti “ambientali”), apparso su “ Child Psychiatry and Human Development”, Volume 27, Winter, 1996.

E: quanto presto hai visto cambiamenti in questi soggetti?

K: in alcune aree I cambiamentici sono subito, come la postura, il contatto oculare, l’attenzione. Di solito ci vogliono un paio di mesi prima di vedere cambiamenti comportamentali nel soggetto interessato.
Parafrasando il dr. A.M.Sheffington che disse: “il modo più veloce per cambiare una persona è l’utilizz o di lenti”. Fondamentalmente, le lenti trasformano la luce che poi cambia a sua volta l’attività elettrica del sistema nervoso centrale. Al contrario, le droghe di solito intaccano il sistema nervoso, e ci vuole 5 volte tanto di tempo perché ciò comporti cambiamenti chimici.

E:puoi descriverci un paio di casi recenti?

K: certo, ho seguito una paziente molto interessante con una storia di comparsa di linguaggio e poi di interruzione. Lei era verbale PRIMA DELLA SOMMINISTRAZIONE DEL VACINO DPT, DOPODICHè HA PERSO LA CAPACITà DI PARLARE A CAUSA DELLE CRISI EPILETTICHE. Abbiamo provato una serie di compitio non-verbali senza nessun risultato. Dato che non potevo dirigere il suo sistema visivo, ho deciso di “distruggerlo-bloccarlo”. Le ho applicato lenti “distruttive”(entrerò nel sito di Kaplan per capirne di più: ovviamente saranno lenti molto particolari…Maria777) e lei si mise di fronte allo specchio e cominciò a parlare e ballare. Questo è stato incredibile per me. L’ho tenuta sotto osservazione per tre mesi, e lei ha continuato a migliorare.. era di nuovo verbale e si comportava in maniera appropriata.

Un altro caso: un bambino di 4 anni etichettato come PDD. Quando è arrivato da me, gli abbiamo proposto una batteria di test non-verbali. Complessivamente il bambino era sano e si comportava bene, ma non parlava. Era molto impegnato con la vista e io sentivo che aveva semplicemente un ritardo. Dissi ai genitori che non lo consideravo un caso di PDD, e che anzi probabilmente soffriva di “deprivazione visiva”. Dopo 3 mesi di programma il bambino parlava. La famiglia portò il bambino 6 mesi dopo dal neurologo e lui confermò che non era più PDD. Non riusciva a capire….

E:hai mai visto qualche caso in cui invece la persona non ha risposto affatto alla riabilitazione visiva?

K: non ho mai visto nessuno che non reagisse, anche se poco, alla riabilitazione visiva.

E: il cambiamento quindi è da medio a drammatico…?

K:Ti racconto di un altro caso: un bambino di 6 anni , un caso molto difficile: era strabico, un occhio completamente all’interno. Quando è entrato nel mio studio urlava e non collaborava assolutamente. Alla fine siamo riusciti a mettergli delle lenti, e ha risposto bene. 6 MESI DOPO QUESTO BIMBO ERA COMPLETAMENTE VERBALE E ANDAVA BENE ANCHE A SCUOLA. I suoi occhi si sono raddrizzati. Quando tornò dal neurologo , il medico quasi svenne vedendolo. nOn poteva credere che fosse la stessa persona.

E: quanto dura il programma?

K: dipende dai bisogni. Se c’è un problema di apprendimento visivoci vogliono 6 mesi. Se il problema visivo è correlato a problemi emotivi ci vuole un anno, dipende dal livello di disfunzione. In una persona con panico o disordine bi-polare ci vuole un anno.

E: e per una persona con autismo?

K: non ho un tempo prestabilito per l’autismo. Abbiamo buoni risultati dopo una anno. Con alcune persone ci vuole più di un anno, ma nell’arco di un anno abbiamo buoni miglioramenti e comportamenti più appropriati.
L’autismo, come sai, è un disordine che si presenta con diversa gravità…nello studio che abbiamo fatto insieme si vede bene che ci possono essere miglioramnri del comportamento anche nell’arco di due mesi. Per altri problemi ci vuole un anno .

 
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