L’integrazione di un disabile all’interno di una società dovrebbe consentire allo stesso di interagire pressoché normalmente nella stessa senza sentirsi “diverso”, senza essere additato per i suoi atteggiamenti o per l’impossibilità di superare ostacoli che non dovrebbero esistere.
Naturalmente, le difficoltà di integrazione vanno aumentando con l’età del soggetto. Pochi fanno caso ad atteggiamenti “anomali” di un bambino piccolo, soprattutto se la problematica che lo affligge non è immediatamente percepibile a tutti come nel caso di un bimbo autistico.
Non ci soffermeremo sulle problematiche connesse per esempio con l’abbattimento delle barriere architettoniche, materia pressoché sconosciuta anche ai tecnici figuriamoci agli amministratori pubblici, ma cercheremo di fornire ai lettori una serie di spunti critici e di nozioni utili per muoversi con una certa disinvoltura all’interno della società ed in particolare nel rapportarsi con le varie amministrazioni pubbliche.
Ciò, naturalmente, sottolineando come tali nozioni, pur costituendo un utile strumento di confronto con le istituzioni, non possono sostituire all’occorrenza il necessario intervento di un legale.
La più grande difficoltà che incontrano le famiglie nel far valere i propri diritti è data dalla ignorantia legis ovvero dalla mancata conoscenza della loro esistenza: ignoranza che, se è comprensibile in una famiglia che si trovi improvvisamente catapultata all’interno di un “mondo nuovo” costituito da un fitto labirinto di norme e diritti, non è assolutamente comprensibile né accettabile in capo a quei soggetti appartenenti alle istituzioni (ASL, Comuni, Province, Regioni, INPS etc.) che dovrebbero essere deputate per legge a dare risposte e risolvere problemi anziché crearne.
Non si può non rilevare come in Italia, a differenza di paesi di common law, l’eccessiva proliferazione normativa e l’incapacità del legislatore di coordinare le norme evitando da una parte contraddizioni e dall’altra pericolosi vuoti normativi non sono certamente di aiuto per i destinatari di tali norme. Inoltre, l’utilizzo spesso da parte del legislatore di una terminologia “atecnica” unita all’abitudine tipicamente italica di “interpretare” le norme piuttosto che applicarle ha provocato e continua a provocare il proliferare di differenze sostanziali non solo tra regione e regione ma spesso persino tra uffici dello steso ente; comportamenti, questi, impensabili in un Paese ed in una società che fondano la loro esistenza sul rispetto delle regole ma che da noi trovano ulteriore terreno fertile in considerazione delle difficoltà che spesso si trovano ad affrontare gli utenti per ottenere i propri diritti, “schiacciati” dalle difficoltà burocratiche oltre che dai costi e dall’eccessiva lungaggine dei procedimenti giudiziari.
Il primo consiglio che si può dare è presentarsi preparati e sicuri delle proprie ragioni.
Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, il contraddittore, che pur dovrebbe essere molto preparato nella materia, si dimostra assolutamente ignorante. Nella migliore delle ipotesi, le poche nozioni che conosce non gli derivano da uno studio diretto della normativa quanto piuttosto da stringate circolari se non addirittura da un mero “sentito dire”. Presentarsi preparati costringerà comunque l’interlocutore alla difensiva ed a rivolgersi a qualche collega o superiore che avrà pressappoco la stessa sua preparazione.
Di fronte alla vostra sicurezza ed insistenza l’interlocutore di norma, continua a negare e quindi attua alternativamente tre distinte strategie:
a). la prima è un atteggiamento ostile, aggressivo, se non addirittura minaccioso; l’atteggiamento tipico della persona presuntuosa che non è disposta a prendere atto delle vostre ragioni e contestualmente di essere in difetto.
b). la seconda è la richiesta a voi di provare l’esistenza del diritto richiesto attraverso la citazione se non addirittura la produzione della normativa di riferimento in una sorta di illegittima “inversione dell’onere della prova”;
c). la terza è il trincerarsi dietro la “legge sulla privacy”. Molti si chiederanno cosa c’entri tale normativa e la risposta è facilissima: spesso assolutamente nulla ma è una frase tipo “prezzemolo”, buona per tutte le occasioni, che costituisce un escamotage per poter porre fine ad una discussione che sta’ diventando “complicata”.
Il secondo consiglio è, di fronte all’impossibilità di ottenere immediatamente le risposte dovute, quello di protocollare una lettera contenente, stavolta per iscritto, le domande e le istanze precedentemente avanzate oralmente.
All’occorrenza, non abbiate timore di minacciare il ricorso all’Autorità Giudiziaria e/o di presentare denuncia-querela presso la competente Procura della repubblica. Di fronte ad un atteggiamento inopinatamente aggressivo è probabilmente questa la strada da percorrere per far comprendere all’interlocutore che le vostre intenzioni sono assolutamente serie e che, in difetto di risposte, siete determinati ad andare sino in fondo pur di ottenere il riconoscimento dei vostri diritti.
Dispiace dirlo ma purtroppo, di norma, la possibilità di vedere riconosciuti i propri diritti e le proprie ragioni non passa attraverso la bontà degli stessi quanto piuttosto attraverso la sana “cattiveria” con la quale si insiste per ottenerli.
Avv. Roberto Mastalia