Negli ultimi 50 anni, media, enti e fondazioni private hanno studiato ed esaminato le scuole americane per analizzare e possibilmente migliorare l’educazione pubblica negli Stati Uniti.
Generalmente queste ricerche si sono concentrate sugli errori e sui problemi della scuola, nel tentativo di scoprire cosa ci fosse di sbagliato nei suoi programmi. La ricerca invece ha avuto, in questi ultimi anni, un approccio differente: piuttosto che studiare cosa fanno di sbagliato le scuole, si cerca di osservare cosa stiano facendo di buono. Implicito a questo approccio è, naturalmente, l’opportunità per la scuola inferiore di replicare la “miglior prassi” dei programmi che si rivelano efficaci. Questo ha senso.
Studio dopo studio, si è trovato che le scuole che hanno ottenuto maggiore successo hanno un tratto comune:
sollecitano, incoraggiano, facilitano e promuovono la comunicazione con i genitori!
In queste scuole…
I genitori non sono ignorati… sono invitati.
I genitori non sono evitati… sono consultati.
I genitori non sono scoraggiati a lamentarsi… sono incoraggiati a comunicare.
Una comunicazione efficace, costante e attiva tra insegnanti e genitori è un fenomeno relativamente nuovo nelle nostre scuole: nelle generazioni precedenti la parola d’ordine era “nessuna nuova, buona nuova” e i genitori avevano notizie dagli insegnanti solo quando c’era un problema o il bambino si trovava in forte difficoltà . I contatti casa/scuola erano ampollosi e consistevano di rituali artificiosi e dei dieci minuti di colloquio annuale. Una volta che il bambino arrivava alla scuola superiore, le comunicazioni praticamente terminavano del tutto. Tutte le parti (il genitore, l’ insegnante e lo studente) ritenevano che il programma ed i progressi dello studente non erano affare dei genitori.
I tempi sono cambiati! Nella maggior parte delle comunità oggi, un aumento delle comunicazioni tra scuola e famiglia è richiesto (e preteso!) proprio dai genitori, che si vedono come “consumatori di servizi educativi” e anticipano che si terranno informati sui progressi del bambino e sui suoi risultati. Inoltre si aspettano che la loro partecipazione e le loro opinioni siano ascoltate e ottengano risposta dagli educatori.
Questo fenomeno è nuovo nella Regular Education, ma le comunicazioni scuola/famiglia sono state un punto focale nella Special Education per decenni. Coloro che hanno a che fare con bambini disabili sanno che i successi e progressi del bambino dipendono dalla qualità e dalla frequenza di questa comunicazione. I nostri colleghi e amici nelle classi regolari hanno molto da imparare da noi.
Come insegnante, si può vedere questo incremento nelle comunicazioni come una minaccia o come una opportunità . Sfortunatamente, molti insegnanti sono “scocciati” dalle comunicazioni con i genitori: un insegnante di sostegno mi ha detto recentemente di considerarle “…la parte peggiore del mio lavoro”. L’anno scorso un importante giornale pubblicò un articolo dal titolo “Perché gli insegnanti americani odiano i genitori”.
Sono in comunicazione e corrispondo con genitori da oltre 35 anni come insegnante e direttore scolastico e, devo ammetterlo, può essere impegnativo, per tempo impiegato e delusioni…ma ne vale la pena.
Ricerche condotte dall’Associazione Nazionale degli Psicologi scolastici indicano che una comunicazione scuola/famiglia efficace e ben programmata ha i seguenti risultati nelle scuole:
Voti migliori
Atteggiamento piĂą positive degli studenti
Minor ricorso al sostegno
Minori ritiri
Minori comportamenti ad alto rischio
PiĂą alto morale dello staff
Migliori relazioni tra scuola e comunitĂ sociale
Maggiore partecipazione dei genitori nelle iniziative della scuola e nei programmi
Maggiori donazioni di beni, materiali e servizi alla scuola
Migliore opinione dei genitori sulla scuola
Tutti vincono!
Ma ci sono insidie per l’insegnante che sta tentando di aumentare l’intensità e la frequenza dei sui contatti con i genitori. Quella che segue è una lista di cose da fare e da non fare che spero ogni insegnante possa trovare utile:
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